I restauri del Museo Nazionale del Cinema a Cartapesta, Lenzuola e Manovelle.

Teatro Alfieri di Asti (Sala Pastrone) – 24 ottobre 2013, ore 21.00

In occasione dell’undicesima edizione di Cartapesta Lenzuola e Manovelle, proiezione giovedì 24 ottobre 2013, alle ore 21.00, presso la Sala Pastrone del Teatro Alfieri di Asti di tre restauri realizzati dal Museo Nazionale del Cinema, due dei quali in collaborazione con la Cineteca di Bologna.

Per l’occasione saranno proiettati i film Danse de l’éventail (produzione Lumière, 1897-1899), Gli ultimi giorni di Pompei (Eleuterio Rodolfi; S.A. Ambrosio, 1913) e Buona sera, fiori! (S.A. Ambrosio, 1909). Ingresso libero.

Le proiezioni saranno introdotte da una presentazione di Claudia Gianetto (Responsabile Cineteca Museo del Cinema) e accompagnate dal vivo dal Maestro Stefano Maccagno (pianoforte).

 

Il Museo Nazionale del Cinema è presente ad Asti, nell’ambito della medesima manifestazione con la mostra L'estetica dello sguardo, L'arte di Luchino Visconti.

 

A seguire schede tecniche dei restauri a cura della Cineteca del Museo Nazionale del Cinema.

 

Danse de l’éventail (produzione Lumière, 1897-1899)

35mm, polistere, positivo, colore, 15 m., ca. 1’ a 16 ft/s, senza didascalie.

Restauro del Museo Nazionale del Cinema, 2012.

 

Sullo sfondo di una composizione floreale una bella danzatrice solleva i lembi del suo lungo abito fluente sopra il capo, poi apre le braccia  e inizia a ballare. Con le mani regge due bastoncini che le permettono di agitare le “ali” di stoffa, secondo uno stile di danza lanciato dalla ballerina Loïe Fuller, idolo dei teatri primo Novecento. Mentre la donna volteggia il vestito cambia continuamente colore, finché, alla fine del film, i veli dell’abito sventolano con i colori della bandiera italiana. Un effetto destinato ancora oggi a suscitare meraviglia, ottenuto grazie alla pazienza e all’abilità delle operai coloritrici che dipingevano fotogramma per fotogramma le copie positive.

Il restauro digitale di Danse de l’éventail è stato eseguito dal Museo Nazionale del Cinema di Torino a partire da un positivo nitrato colorato a mano di 15 metri,  privo di didascalie, depositato al Museo dalla famiglia di Fabrizio Pangrazi. La lavorazione è stata eseguita presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata di Bologna nel 2012.

 

 

Gli ultimi giorni di Pompei (Eleuterio Rodolfi; S.A. Ambrosio, 1913)

35mm, poliestere, positivo, colore (Desmetcolor), 1930 m., 106’ a 16 ft/s, didascalie in italiano.

Restauro del Museo Nazionale del Cinema in collaborazione con la Cineteca di Bologna, 2006.

 

Regia: Eleuterio Rodolfi – soggetto: dal romanzo The Last Days of Pompei (1835) di Edward G. Bulwer-Lytton – riduzione e sceneggiatura: Arrigo Frusta – commento musicale: Carlo Graziani Walter – interpreti e personaggi: Fernanda Negri-Pouget (Nidia), Eugenia Tettoni Florio (Jone), Ubaldo Stefani (Glauco), Vitale De Stefano (Claudio), Antonio Grisanti (Arbace), Cesare Gani-Carini (Apedice), Ercole Vaser, Carlo Campogalliani – distribuzione: Giuseppe Barattolo, Roma – visto di censura: 994 del 1.12.1913 – prima visione: Roma, 24 agosto 1913– lunghezza originale: m. 1958

 

Fortunata versione dell’omonimo romanzo di Edward Bulwer-Lytton uscito nel 1834 ma ancora amatissimo testo di riferimento nei primi anni del Novecento. Non deve stupire un successo così longevo, giacché la vicenda aveva tutti gli elementi per appassionare un pubblico vasto e soprattutto per trovare la propria naturale collocazione sullo schermo cinematografico: una storia d’amore struggente, una minuziosa ricostruzione d’epoca, scene spettacolari e drammatiche, violenza e celebrazione della cristianità. Nel III secolo dopo Cristo, nella elegante cittadina di Pompei, Glauco e Jone sono belli, giovani e innamorati. Nidia, invece, è una giovane cieca costretta a vendere fiori di campo per la strada. La loro felicità sarà messa a dura prova dal destino e da un perfido sacerdote egiziano, mentre il mondo in cui vivono sta per essere sconvolto dagli elementi.  

 Il film ebbe un enorme successo di pubblico e di critica. Fecero sensazione soprattutto la spettacolare sequenza dell’eruzione e la delicata interpretazione che Fernanda-Negri Pouget, attrice di grande sensibilità, seppe dare del personaggio di Nidia. Il pubblico era anche molto incuriosito dalla possibilità di poter confrontare le due versioni della storia, sugli schermi nello stesso periodo; la casa di produzione Pasquali, infatti, aveva presentato proprio nello stesso periodo una propria versione dello stesso romanzo, in diretta concorrenza con la versione Ambrosio. Nidia, Glauco, Jone, Arbace e Claudio torneranno sullo schermo ancora molte volte, ma il film del 1913 rimarrà un punto di riferimento per tutte le versioni successive.

Il restauro di Gli ultimi giorni di Pompei è stato realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e dalla Cineteca del Comune di Bologna a partire da una copia positiva nitrato imbibita e virata con didascalie tedesche conservata dal Murnau Stiftung di Wiesbaden, un positivo nitrato con didascalie in italiano conservato dalla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, una copia 16mm conservata dalla Cineteca Bruno Boschetto di Torino. Le didascalie mancanti sono state ricostruite in base alle documentazione cartacea conservata dal Museo Nazionale del Cinema. Il confronto puntuale tra quanto indicato dalla documentazione (in particolare la sceneggiatura e le brochure con sinossi estese e dettagliate) e le copie ha permesso una verifica dell’ordine di montaggio e la ricollocazione di alcune inquadrature. Il restauro è stato eseguito nel 2006 presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata di Bologna. 

 

Buona sera, fiori! (S.A. Ambrosio, 1909)

35mm, positivo, poliestere, b/n, 18 m., ca. 1’ a 16 ft/s.

Restauro del Museo Nazionale del Cinema in collaborazione con la Cineteca di Bologna, 2010.

 

Mary Cleo Tarlarini, tra le attrici più amate dei primi anni di cinema italiano, sorride al pubblico sotto a un grande cappello alla moda, indicando i petali di fiori che sullo schermo compongono la scritta “Buona sera”. Un esempio particolarmente elegante del genere dei “congedi” proiettati per salutare il pubblico alla fine dei programmi di proiezione che nel 1909 prevedevano ancora il susseguirsi di pellicole brevi di genere diverso.