PRIMA VISIONE: Nel nome del padre di Marco Bellocchio
Il Museo Nazionale del Cinema è lieto di presentare, da venerdì 24 a giovedì 30 agosto 2012, nella Sala Tre del Cinema Massimo, il film Nel nome del padre di Marco Bellocchio, nella versione rimontata da Bellocchio stesso in occasione della 68° Mostra del Cinema di Venezia che ha omaggiato il regista piacentino con il Leone d’Oro alla carriera. Le proiezioni si terranno alle ore 16.30/18.15/20.30/22.15. Ingresso: euro 6.00/4.00/3.00.
Realizzata appositamente in occasione della Mostra del Cinema di Venezia del 2011, questa nuova versione del film realizzato da Bellocchio nei primi anni Settanta non è solo un restauro ma una vera e propria “nuova opera”, inedita e attuale: un singolare director's cut che ha ridotto a 90 minuti la versione più lunga (105 minuti) del film uscito in sala nel 1971 e presentato all’Antifestival di Venezia nel 1972. Nel suo terzo lungometraggio, liberamente ispirato alla propria biografia e ambientato nel 1958 – data simbolica perché è l’anno in cui morì Pio XII, il papa accusato di indulgenza durante la Shoah – Bellocchio sfoga la propria insofferenza nei confronti delle istituzioni collegiali religiose, facendone un ritratto grottesco ed elevandole a metafora delle turbolenze in atto nella società dell’epoca.
“Il motivo per cui riprendo in mano Nel nome del padre con questa nuova versione non è per aggiungere, ma per sottrarre. Non accade spesso nel cinema perché solitamente la nuova versione di un film contiene sequenze che sono state tagliate nella prima versione per volontà del produttore che, contro il regista o d’accordo con lui, ha accorciato il film pensando che così potesse piacere di più al pubblico. Non è stata un’idea fissa, niente di persecutorio, eppure in questi quaranta anni mi è tornata in mente, a intervalli vari, anche lunghissimi, l’idea, la convinzione che Nel nome del padre non avesse ancora trovato la sua forma definitiva. In quegli anni si usciva da un’illusione e da una sconfitta ancora senza morti e feriti, ma che preparava a una profonda generale depressione con esiti diversi: il terrorismo, la droga, la psicanalisi, il ritorno all’ordine. Per me, dopo la negazione della mia identità di artista (borghese) nei mesi della militanza marxista-leninista, ritornare al cinema fu, in un certo senso, una salvezza personale (la sopravvivenza al nulla), raccontando però in Nel nome del padre per il mio stato d’animo di allora, una società finita, nella metafora di un’istituzione chiusa. Per quel sentimento, per quella inconsapevole disperazione volli dire tutto. Troppe parole. Concetti, messaggi… Immaginare liberamente allora era proibito, inconcepibile, per cui oggi, che sono molto più libero di allora, tante immagini piene di parole che giudicavano, che spiegavano, ripetevano le spiegazioni, citavano, sono cadute. Molta cultura, figlia di quegli anni, in quest’ultima versione è stata almeno contenuta a favore della storia, dei personaggi, dei loro rapporti sentimentali… Ho tagliato, accorciato, non ho aggiunto nulla. Il film, per quei pochi che si ricorderanno della prima versione italiana, non è cambiato nei contenuti o nei significati, non è stato addolcito in alcun modo, non è meno violento, si può dire soltanto che in questa versione definitiva Nel nome del padre fa pensare un po’ meno a Brecht e un po’ più a Vigo, ben lontano comunque dalla sua innocenza”. (Marco Bellocchio)
Marco Bellocchio
Nel nome del padre
(Italia 1971-2011, 90’, col.)
È il 1958, l’anno della morte di Pio XII, il più clericale e autoritario dei papi moderni. In un collegio entra Angelo Transeunti: bello, ricco, anticonformista, teorizzatore del superuomo. Con il suo arrivo, la vita del collegio viene sconvolta: il ragazzo mette in atto un piano di ‘derisione’ distruttiva dell'istituzione contro il vicerettore Padre Corazza.
Copia digitale 2K distribuita da Cinecittà Luce
Sc.: M. Bellocchio; Fot.: Franco Di Giacomo; Int.: Yves Beneyton, Renato Scarpa, Laura Betti.