Il cinema secondo Bergman – II parte. I capolavori del grande maestro svedese presentati dalla sua assistente Katinka Faragó.

Cinema Massimo – 17-26 aprile 2011

Prosegue, dal 17 al 26 aprile 2011 al Cinema Massimo, l’omaggio al regista, sceneggiatore e scrittore svedese Ingmar Bergman – scomparso nel 2007 – con la seconda parte della retrospettiva Il cinema secondo Bergman. I capolavori del grande maestro svedese. A inaugurare il nuovo ciclo di proiezioni, la sua assistente Katinka Faragó introdurrà al pubblico il capolavoro del maestro svedese Il settimo sigillo.

La retrospettiva, che si concluderà a maggio, è un progetto della Cineteca del Comune di Bologna e del Museo Nazionale del Cinema, realizzato con la collaborazione dello Svenska Institutet, dello Svenska Filminstitutet-Cinemateket e di Classic Films. Un ringraziamento particolare all’Ambasciata di Svezia in Italia per il sostegno.

Considerato una delle personalità più eminenti della storia della cinematografia mondiale, Bergman ha coniugato in maniera unica e magistrale l’interrogarsi sui temi universali dell’esistenza umana con l’utilizzo delle tecniche del linguaggio cinematografico. Le sue pellicole sono caratterizzate dalla strenua cura nella narrazione e dalla forza figurativa, che mettono in evidenza il suo approccio estremamente lirico nel trattare le storie e i personaggi. Tra i vari riconoscimenti ricordiamo l'Orso d'oro al Festival di Berlino nel 1958 con Il posto delle fragole, un Oscar nel 1960 per La fontana della vergine e uno per il Migliore film straniero nel 1961 con il film Come in uno specchio, mentre ben quattro sono stati gli Oscar per Fanny e Alexander. Molti gli altri premi, tra i quali il Premio Federico Fellini per l'eccellenza cinematografica, ricevuto nel 2005, due anni prima della scomparsa.

La seconda parte della retrospettiva si aprirà domenica 17 aprile 2011, alle ore 20.30, presso la Sala Tre del Cinema Massimo, con la proiezione di Il settimo sigillo, film tra i più conosciuti e apprezzati del regista. Ingresso 5,50/4,00/3,00 euro.

 

Ingmar Bergman

Il settimo sigillo (Det sjunde inseglet)

(Svezia 1957, 96’, b/n, v.o. sott.it.)

Il nobile cavaliere Antonius Block torna dalle crociate e trova il suo paese sopraffatto da peste e disperazione, ma sulla spiaggia lo attende la Morte. Antonius, che negli anni della guerra ha sentito vacillare la sua fede, non vorrebbe morire prima di aver superato la crisi spirituale che lo travaglia e propone quindi alla Morte una partita a scacchi. “Un film disuguale cui tengo molto perché venne girato con mezzi poverissimi, facendo appello alla vitalità e all'amore” (I. Bergman).

Sc.: I. Bergman; Fot.: Gunnar Fischer; Int.: Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bibi Andersson.

 

 

Il cinema secondo Bergman. I capolavori del grande maestro svedese – II parte

di Silvio Danese

 

Nella commedia e nel dramma borghesi cinematografici (nordici? europei? integrali) Bergman iniettò le zone dirompenti dell'interiorità, della finalità, della psiche, della religione. Il teatro, l'amatissimo balocco d'infanzia che fissa i codici di questa spazialità della persona, da Shakespeare a Marivaux e Strindberg, da Bruchner a Pirandello, s'infrange sul corpo dell'attore indagato dalla luce, dall' obbiettivo, dal microfono. È una strana forma di chirurgia invisibile, quella di Bergman: interroga l'anima del personaggio, ma affida il bisturi allo spettatore.

Tra i grandi cineasti del ’900, se mettiamo Chaplin nel versante luminoso della vita, Bergman occupa l’orizzonte opposto. Una ventina di anni fa una rassegna aveva giustamente combinato Bergman e Chaplin. «Luci della ribalta» e «Il rito», «Tempi moderni» e «Il silenzio». Ma poi, a dire il vero, con Monsieur Verdoux il primo e Sorrisi di una notte d’estate il secondo, si sono scambiati i ruoli lasciando scoperte e inessenziali le visioni comparative e combinatorie della critica. Si tentano abbinamenti e raggruppamenti, ma i suoi film, tutti, forse sono “solo” commedie della vanità. Nella plastica di un cinema “povero”, sedimentato nel teatro e insieme aperto al paesaggio metafisico, quasi auspicato in bianco e nero, la metafora poetica ha trovato un sorprendente campo aperto di invenzioni chiare e toccanti. Per decenni abbiamo specchiato le nostre angosce nel cuore ansioso di un artista appartato e predicatore, che ha aperto la sua vita intima al mezzo più estroverso della comunicazione artistica. Una sua dichiarazione di poetica e prassi: “È stato detto che un regista di cinema è persona che ha il tempo soltanto di pensare ai suoi problemi. Mi pare la definizione esatta”. Estrema concentrazione sul pensiero, che ha prodotto estrema virtù dei film. Ecco, ancora, la questione dell'immagine come parola poetica, sintesi, peso, plurisensorialità, in una personalità monastica, assalita da cupe depressioni, capace di rinascite luminose, dotata di umorismo e ironia. Un paio di anni fa, chiedendole se l'isola di Bergman fosse un laboratorio, un luogo privilegiato o una prigione, Bibi Andersson, a proposito della sua partecipazione alla tetralogia di Farö, mi ha detto: “Non una prigione, certo. È un luogo meraviglioso che Bergman adorava e dove voleva girare i suoi film. Non è che ci fosse molta scelta se volevo lavorare con lui. Quindi sicuramente un privilegio. Ma non era neanche un grand hotel. Si viveva con la gente dell’isola, persone semplici e molto cordiali, scarsa vita sociale, e l’atteggiamento di Bergman era: ‘Andate a letto presto così domani sarete in forma’'. Più che un laboratorio direi un monastero”.

 

Nel corso delle settimane di proiezioni, ciascuno ricorderà, richiamerà, scoprirà il suo Bergman e, come si fa sempre, eleggerà o rieleggerà il suo film favorito. È un'occasione soprattutto per  “quelli che Bergman proprio non lo reggo”. È un'occasione per verificare che non è vero che Il settimo sigillo ha influenzato George Lucas per la saga di Guerre stellari... Il mio film preferito è Persona, l'attrice senza più parola e l'infermiera solare che l'assiste. Come un respiro, in quel bilanciato gioco tra la parte che si ritrae e la parte che si offre, la parte murata e la parte esposta, Elizabeth e Alma sono interscambiabili, nella scomposizione drammaturgica di un solo bisogno, toccare l'interiorità. Elizabeth e Alma sono l'intermittente prova di una fusione, Persona, nel senso latino di maschera, la moneta nel miracoloso momento in cui si apre e mostra, contemporaneamente, le due facce con i contenuti, l'obiezione alla vita, la paura di morire, tacere come “via di scampo dalla disperazione e dal crollo” (disse Bergman), ricordare come alterità del vuoto, l'angoscia di procreare, la specularità delle classi sociali, l'incursione del quotidiano nella gabbia del silenzio. Può essere una considerazione molto personale, riduttiva o estrema, ma la parte durevole del cinema di Bergman, la poesia destinata alla cosiddetta posterità, mi sembra un'interrogazione violenta, quasi un furore dell'inganno, una coscienza profonda del bilico tra la nostra estinzione e l'eternità, come avviene con Montale o Bach. In un'immagine, mi è successo di sentire il punto di fuga dell'opera di Bergman in un film di Rossellini, nell'invocazione di Karin a Dio sul baratro di Stromboli, l'intrepida Ingrid che, sul vulcano primordiale di Roberto, tiene in mano tutta l'opera di Bergman.

 

Il cinema secondo Bergman – II parte

 

CALENDARIO DELLE PROIEZIONI

 

DOM 17 e LUN 18, h. 16.30

Ingmar Bergman

Il posto delle fragole (Smultronstället)

(Svezia 1957, 91’, b/n, v.o. sott.it.)

Un vecchio medico parte in auto con la nuora per recarsi all’università di Lund e ritirare un premio prestigioso. Il viaggio è occasione per i due di conoscersi più a fondo e di far soste nei luoghi del passato dell’uomo. Al regista svedese Sjöström è affidato il ruolo principale. Di lui Bergman scriverà: “Si era preso il mio testo, l'aveva fatto suo e vi aveva immesso le sue esperienze... Si era impadronito della mia anima nella figura di mio padre e se ne era appropriato”. Orso d’oro al Festival di Berlino 1958.

Sc.: I. Bergman; Fot.: Gunnar Fischer; Int.: Victor Sjöström, Bibi Andersson, Ingrid Thulin.

 

DOM 17, h. 18.15, MAR 19, h. 16.30

Ingmar Bergman

Un’estate d’amore (Sommarlek)

(Svezia 1951, 96’, b/n, v.o sott.it.)

Una ballerina dell'Opera di Stoccolma rievoca i ricordi di un'estate felice vissuta al mare con uno studente che morì tragicamente. Decimo film di Bergman che gli apre la via al successo internazionale. “Fu il primo film in cui cominciai a sentirmi in grado di esprimermi. A quell'epoca ero a digiuno di preparazione tecnica, anzi, ero preoccupato, incerto e pasticcione. Però c'è da tener presente che a quei tempi la tecnica era molto più complicata di oggi" (I. Bergman).

Sc.: I. Bergman, Herbert Grevenius; Fot.: Gunnar Fischer; Int.: Maj-Britt Nilsson, Birger Malmsten, Alf Kjellin.

 

DOM 17, h. 20.30, MER 20, h. 22.30, VEN 22, h. 16.30

Ingmar Bergman

Il settimo sigillo (Det sjunde inseglet)

(Svezia 1957, 96’, b/n, v.o. sott.it.)

Il nobile cavaliere Antonius Block torna dalle crociate e trova il suo paese sopraffatto da peste e disperazione, ma sulla spiaggia lo attende la Morte. Antonius, che negli anni della guerra ha sentito vacillare la sua fede, non vorrebbe morire prima di aver superato la crisi spirituale che lo travaglia e propone quindi alla Morte una partita a scacchi. “Un film disuguale cui tengo molto perché venne girato con mezzi poverissimi, facendo appello alla vitalità e all'amore” (I. Bergman).

Sc.: I. Bergman; Fot.: Gunnar Fischer; Int.: Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Bibi Andersson.

La proiezione di domenica 17 sarà introdotta da Katinka Faragó.

 

MAR 19, h. 18.15, MER 20, h. 20.30

Ingmar Bergman

Il volto (Ansiktet)

(Svezia 1958, 100’, b/n, v.o. sott.it.)

Nella prima metà dell’Ottocento, un illusionista seguace delle teorie sul magnetismo del medico e mistico austriaco Franz Anton Mesmer viene arrestato con la moglie e costretto a esibirsi davanti alle autorità locali, subendo la derisione e lo scherno di un medico incredulo e di un poliziotto prepotente. Film enigmatico e affascinante che pone molte domande sulla vita, l'arte, la magia, l'illusione, la fede e la ragione. Premio Speciale della Giuria a Venezia.

Sc.: I. Bergman; Fot.: Gunnar Fischer; Int.: Max von Sydow, Ingrid Thulin, Gunnar Björnstrand.

 

MER 20, h. 18.30, VEN 22, h. 18.15

Ingmar Bergman

La fontana della vergine (Jungfrukällan)

(Svezia 1960, 89’, b/n, v.o. sott.it.)

Karin, la giovanissima figlia di Tore, un ricco proprietario terriero di Venge, viene violentata e uccisa da tre pastori che ha incontrato nel bosco. I tre assassini trovano poi ospitalità nella casa della ragazza ma uno dei tre tenta di vendere alla madre il vestito strappato a Karin e la terribile verità viene scoperta. Le scene dello stupro e della vendetta del padre sugli assassini furono censurate. Premio Oscar 1961 come miglior film straniero.

Sc.: Ulla Isaksson, da una leggenda svedese del XIV secolo; Fot.: Sven Nykvist; Int.: Max von Sydow, Gunnel Lindblom, Birgitta Pettersson.


VEN 22, h. 20.30, SAB 23, h. 22.15

Ingmar Bergman

Alle soglie della vita (Nära livet)

(Svezia 1958, 84’, b/n, v.o. sott.it.)

In una clinica si incontrano tre donne, tutte, a loro modo, alle prese con la maternità. Cecilia, un’intellettuale afflitta da un marito arido, ha la conferma di non poter essere madre. Stina ha un marito che la ama ed è in attesa del loro primo figlio. La terza donna, Hjòrdis, la più giovane, comincia a desiderare la nascita del figlio che, invece, voleva respingere. Un film completamente al femminile, dove gli uomini vengono ritratti sempre nella loro superficialità.

Sc.: Ulla Isaksson; Fot.: Max Wilén; Int.: Ingrid Thulin, Eva Dahlbeck, Bibi Andersson.

 

VEN 22, h. 22.15, MAR 26, h. 18.15

Ingmar Bergman

A proposito di tutte queste… signore (För att inte tala om alla dessa kvinnor)

(Svezia 1964, 80’, col., v.o. sott.it.

Negli anni Venti Cornelius, vanaglorioso critico musicale, fa visita al violoncellista di fama mondiale Felix per completare la sua biografia. Nella grande villa neoclassica, mentre Felix rimane invisibile, incontra la moglie e sei donne, tutte innamorate di lui. Ventiseiesimo film di Bergman e il primo a colori con la preziosa fotografia di Sven Nykvist. Intermezzo grottesco dopo la trilogia del silenzio che Bergman definì un esperimento “completamente artefatto”.

Sc.: I. Bergman, Erland Josephson; Fot.: Sven Nykvist; Int.: Jarl Kulle, Bibi Andersson, Harriet Andersson.

 

SAB 23 e LUN 25, h. 16.30

Ingmar Bergman

Come in uno specchio (Såsom i en spegel)

(Svezia 1961, 89’, b/n, v.o. sott.it.)

Ventiquattr’ore di una vacanza da incubo su un'isola ventosa del Mar Baltico tra la schizofrenica Karin, il marito medico, il fratello minore e il padre scrittore. Tutto costruito sul ritmo della Suite n. 2 in re minore per violoncello di Johan Sebastian Bach. Il titolo del film è preso da un verso della Prima lettera ai Corinzi, dove Paolo di Tarso dice: "Adesso noi vediamo come in uno specchio, in maniera confusa". Primo della trilogia del silenzio, completata da Luci d’inverno e Il silenzio.

Sc.: I. Bergman; Fot.: Sven Nykvist; Int.: Harriett Andersson, Max von Sydow, Gunnar Björnstrand.

 

SAB 23 e LUN 25, h. 18.15,  MAR 26, h. 16.30

Ingmar Bergman

Luci d’inverno (Nattvardsgästerna)

(Svezia 1963, 81’, b/n, v.o. sott.it.)

Nel candido e rigido silenzio di un inverno nordico, un pastore celebra l’ufficio nella piccola chiesa di un villaggio sperduto. È in crisi perché, da quando la moglie è morta, ha perduto la fede da trasmettere ai fedeli. Ora respinge la donna atea che prende la comunione perché lo ama. Né sa trovare una sola parola di consolazione per un parrocchiano nevrotico e sconvolto che poco dopo s’uccide.

Sc.: I. Bergman; Fot.: Sven Nykvist; Int.: Ingrid Thulin. Max von Sydow, Gunnar Björnstrand.

 

SAB 23 e LUN 25, h. 20.30

Ingmar Bergman

Il silenzio (Tystnaden)

(Svezia 1963, 96’, b/n, v.o. sott.it.)

Tornando a casa dalla villeggiatura, due sorelle, Ester e Anna, sono costrette a fermarsi in un paese sconosciuto. Ester, alcolizzata, è in preda a una grave crisi. Il contrasto psicologico tra le due sorelle esplode in questa occasione in forma drammatica. Alla fine Anna abbandona in albergo la sorella morente e riprende il viaggio verso casa con il figlio Johan. “Questi tre film costituiscono come un concentrato: Come in uno specchio è la saggezza acquisita; Luci d'inverno la saggezza svelata; Il silenzio - il silenzio di Dio - l'impronta negativa” (I. Bergman).

Sc.: I. Bergman; Fot.: Sven Nykvist; Int.: Gunnel Lindblom, Ingrid Thulin, Jorgen Lindström.