Il Museo Nazionale del Cinema presenta al Cinema Massimo la rassegna All That Jazz.  Il cinema e la musica jazz

Cinema Massimo – dal 27 aprile al 1 maggio 2012

In occasione del Torino Jazz Festival, il Museo Nazionale del Cinema presenta al Cinema Massimo, dal 27 aprile al 1 maggio 2012, la rassegna All That Jazz. Il cinema e la musica jazz, un excursus cinematografico che si propone di raccontare la storia del rapporto tra jazz e cinema attraverso alcuni dei suoi film più rappresentativi.

Ingresso euro 6.00 / 4.00 / 3.00.

 

 

All That Jazz. Il cinema e la musica jazz è un progetto del Museo Nazionale del Cinema realizzato con il sostegno della Città di Torino.

 

 

I film in programma e il calendario delle proiezioni

 

Bertrand Tavernier - ‘Round Midnight – A mezzanotte circa (Francia/Usa 1986, 131’, col., v.o. sott.it.)

VEN 27 aprile, h. 16.00, MAR 1 maggio, h. 18.15

 

Martin Ritt - Paris Blues (Usa 1961, 95’, b/n, v.o. sott.it.)

VEN 27 aprile, h. 18.30, DOM 29 aprile, h. 22.30

 

Louis Malle - Ascensore per il patibolo (Ascenseur pour l’échafaud) (Francia 1958, 88’, b/n, v.o. sott.it.)

VEN 27 aprile, h. 20.30, LUN 30 aprile, h. 16.30

 

Daniele Ciprì e Franco Maresco - Steve Plays Duke (Italia 1999, 75’, col.)

VEN 27 aprile, h. 22.15, LUN 30 aprile, h. 18.15

 

Pupi Avati - Bix – Un’ipotesi leggendaria (Italia 1991, 111’, col.)

SAB 28 aprile, h. 16.30, LUN 30 aprile, h. 22.30

 

Otto Preminger - L’uomo dal braccio d’oro (The Man with the Golden Arm) (Usa 1955, 119’, b/n)

SAB 28 aprile, h. 18.30, LUN 30 aprile, h. 20.20

 

Clint Eastwood - Bird (Usa 1988, 163’, col., v.o. sott.it.)

SAB 28 aprile, h. 20.45, DOM 29 aprile, h. 16.30

 

Bruce Weber - Let’s Get Lost (Usa 1988, 119’, b/n, v.o. sott.it.)

DOM 29 aprile, h. 20.20, MAR 1 maggio, h. 16.00

 

 

Cinema Massimo - via Verdi 18, Torino

Info: 011 8138574 -

programmazione@museocinema.it

 

 

 

All That Jazz                                                                                 

Il cinema e la musica jazz

 di Hamilton Santià

 

  Una storia dei rapporti tra il jazz e il cinema comporterebbe anni di ricerche e interi volumi. Ma è fuor di dubbio che il linguaggio musicale che definiamo jazz – grazie alla sua natura molteplice capace di inglobare e accumulare, di guardare a orizzonti lontani come di accomodarsi nella certezza “classica” degli standard – rappresenta una delle voci principali del ventesimo secolo. Una voce che racconta la storia di un’America inquieta, stratificata, ammaliata e assieme impaurita dal costante incedere della modernità metropolitana che, a partire dagli anni Venti (non a caso chiamati l’Età del Jazz), aveva bisogno di una nuova colonna sonora. Come emerge dalle testimonianze di Duke Ellington raccolte da Ciprì e Maresco in Steve Plays Duke, documentario su Steve Lacy (uno dei primi sassofonisti bianchi capaci di farsi strada nell’inquietante mondo della musica afroamericana): “il jazz è sempre stato rappresentato come il tipo d'uomo con cui non vorreste far uscire vostra figlia”, diceva il Duca. Ed è una frase che spiega perfettamente il senso di rivoluzione innescato da quel tipo di attitudine, quel tipo di linguaggio e quel tipo di vita. E al centro di tutto, ovviamente, il suono. Il suono e la leggenda di uomini capaci di buttare in musica la frustrazione, la rabbia e la passione nei confronti di una società scettica, ostile, subito vogliosa di normalizzare il linguaggio, addomesticarlo, farlo proprio.

 

Quel suono diventa sottofondo che permette di raccontare storie di perdizione crude e controverse, come quella raccontata da Otto Preminger in L’uomo dal braccio d’oro, con Frank Sinatra: il gioco d’azzardo, l’eroina e la vicenda di un cinema che nel 1955 cerca di sfidare il codice di censura portano all’attenzione problemi di cui era preferibile non parlare. E l’eroina distrusse anche Charlie “Bird” Parker, arrivato a soli trentaquattro anni a forme di perfezione assolute. Clint Eastwood, per narrarne le gesta, ha seguito un andamento sincopato, frastagliato e incoerente, ma con un disegno collettivo ben preciso. Bird, biopic quantomeno discusso, non è solo il racconto di una vita, ma di una storia personale capace di diventare assoluta e universale: Parker, interpretato da uno straordinario Forest Whitaker, è il jazz e il jazz è l’America.

Ma l’America è anche altrove. A Parigi, ad esempio. Città da sempre attenta a quello che succede nei club sotterranei della comunità afro-americana. Sono molti i mattoni che lastricano la via francese al jazz. A Parigi si ritrovano, esiliati come gli scrittori degli anni Venti, Eddie Cook (Sidney Poitier) e Ram Bowen (Paul Newman) in Paris Blues di Martin Ritt. A Parigi Dale Turner (Dexter Gordon) ha la sua “seconda possibilità” grazie all’amicizia di un giornalista in ‘Round Midnight di Bernard Tavernier. Il razzismo, l’alcool, le diversità culturali, l’idea di Parigi come “appendice” che rende possibili i sogni di una nazione lontana e ancora contratta nelle sue stesse contraddizioni.

 

Un dialogo costante, quello tra Francia e Stati Uniti (all’interno del più ampio dialogo tra cinema e jazz), dove si istituzionalizzano tòpoi narrativi capaci di costruire un immaginario mitico. Come la notte, luogo di tensioni nascoste e tentazioni profonde. È la tromba di Miles Davis a sottolineare, con delicatezza, senza intrusioni deliberate, la vicenda incrociata di amore e morte delle due coppie di Ascensore per il patibolo di Louis Malle.

 

Tutti film inclusi in questa rassegna – insieme a Let’s Get Lost, documentario di Bruce Weber su Chet Baker, e Bix, uno dei tanti omaggi di Pupi Avati al jazz attraverso la storia di un altro bianco capace di farsi rispettare nella città: Bix Beiderbecke – che bene rappresenta la moltitudine di approcci possibili e porte da aprire per entrare in un universo in cui le variazioni sul tema possono essere infinite.