Il Museo Nazionale del Cinema presenta al Cinema Massimo Le periferie dell’anima. Omaggio a Daniele Gaglianone

Cinema Massimo – dal 9 al 12 marzo 2012

Il Museo Nazionale del Cinema rende omaggio, da venerdì 9 marzo a lunedì 12 marzo 2012, a Daniele Gaglianone – regista torinese di documentari e lungometraggi a soggetto – con una retrospettiva dal titolo Le periferie dell’anima. Omaggio a Daniele Gaglianone.

 

L’omaggio a Daniele Gaglianone è un progetto del XII Piemonte Movie gLocal Film Festival realizzato in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. Si ringraziano l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, il Centro Nazionale del Cortometraggio e lo stesso Daniele Gaglianone per il prestito delle copie.

 

Presidente della giuria del concorso PANORAMICA DOC all’ultima edizione del Piemonte Movie gLocal Film Festival, Daniele Gaglianone è uno degli autori più interessanti emersi sulla scena torinese nella seconda metà degli anni Novanta. Regista di cinema e teatro, Gaglianone ha realizzato opere di finzione (I nostri anni, Nemmeno il destino, Pietro e Ruggine) e documentari (Rata nece biti, Non si deve morire per vivere, Lancia di Chivasso: una comunità non rassegnata) dando forma a un interesse costante e profondo per le realtà di periferia. Periferia urbana desolata che diventa il paesaggio dell’anima svuotata. Quello del regista torinese è uno sguardo schietto e dolorosamente onesto sul reale, sul nostro tempo, sul passato che è ancora presente, sulle contraddizioni dei nostri anni, sulla memoria.

 

La retrospettiva sarà inaugurata venerdì 9 marzo 2012, alle ore 20.30, presso la sala Tre del Cinema Massimo con la proiezione del film I nostri anni, esordio nel lungometraggio del regista selezionato alla Quinzaine des Réalisateurs del festival di Cannes 2001 e vincitore del Jerusalem Film Festival 2001 e della Sacher d’oro per la miglior opera prima. Daniele Gaglianone sarà presente in sala per discutere con il pubblico al termine della proiezione. Ingresso: 6.00/4.00/3.00 euro.

 

Daniele Gaglianone

I nostri anni

(Italia 2000, 90’, b/n.)

Alberto e Natalino sono due ex-partigiani che erano legati da grande amicizia. Alberto entra in una casa di riposo dove inizia a frequentare un altro ospite della struttura. Presto scopre che questi è quell’Umberto Passoni che, durante la Resistenza, comandava la banda di brigate nere che compì l’eccidio del gruppo di partigiani di cui Alberto e Natalino facevano parte. Presentato alla Quinzaine del Festival di Cannes. 

Sc.: D. Gaglianone, Giaime Alonge; Fot.: Gherardo Gossi; Int.: Virgilio Biei, Piero Franzo, Giuseppe Boccalatte.

 

 

Le periferie dell’anima

Omaggio a Daniele Gaglianone

di Gianni Canova

 

La cosa che più mi piace di Daniele Gaglianone è la capacità che ha di sorprenderti. Di spiazzarti. Di obbligarti a guardare le cose da un punto di vista diverso da quello a cui eri abituato. O da cui pensavi fosse giusto guardarle. Daniele Gaglianone è capace di prendere un comico (Pietro Casella) e di fargli recitare il ruolo tragico di un minorato mentale (Pietro), inducendo molti spettatori a credere che il personaggio non sia interpretato da un attore ma da un “vero” malato. In modo analogo, è capace di prendere una storia ambientata nelle periferie industriali di Venezia e di girarla alla periferia di Torino senza per questo perdere l’anima intima della storia stessa (Nemmeno il destino). Ma poi è anche capace di girare un documentario come se si trattasse di orchestrare una messinscena, e per converso di girare un film di finzione come se dovesse catturare l’anima della realtà in un film documentario.

Rompere i codici. Confondere i registri. Mescolare i linguaggi. Scardinare le inerzie. Quelle tecnico-produttive, certo. Ma anche e soprattutto quelle mentali. Daniele Gaglianone lavora così. Rischia. Si mette in gioco. Evita le facili contentature del già noto, dell’ovvio, del risaputo. Per questo, a volte, non piace. Irrita. Viene frainteso. La critica – quella che vorrebbe insegnare a un autore che film sarebbe opportuno facesse per essere coerente con il proprio presunto percorso “autoriale” – a volte non lo capisce.  È refrattaria a farsi sorprendere. Si tira indietro disorientata. Lui invece no. Lui sa che “i film cambiano col tempo”. Bisognerebbe rivederli e giudicarli tutti fra una ventina d’anni, i film, dice Gaglianone. Perché il tempo rende giustizia. E corregge le prospettive. Il tempo: mi è già capitato più volte di dire e di scrivere che Daniele Gaglianone è uno dei pochi registi italiani capaci di farlo vedere, il tempo. E non solo perché – ad esempio – le inquadrature sul calendario sono uno dei leitmotiv visuali di Nemmeno il destino. Lo si vede bene – il tempo – soprattutto in I nostri anni: Gaglianone ci dice che il passato non si chiude mai, che il tempo è una trappola, che i ricordi spesso diventano ossessioni. E tuttavia ci dice anche la necessità di liberarsi di queste ossessioni. Forse, paradossalmente, ci dice perfino della necessità di fare a meno della memoria. I nostri anni, per certi versi, è perfino un film contro la memoria. Il che non significa, ovviamente, che sia a favore dell’oblio. Il tempo, i tempi: il cinema di Gaglianone rompe ogni linearità e si fa carico di rendere visibili le infinite discronie, le rotture temporali, i balzi in avanti e i rinculi all’indietro. Senza bisogno di ricorrere alle parole. Facendo in modo che siano le immagini a generare senso. E a far sentire il tempo. Come nella bellissima sequenza d’apertura di Nemmeno il destino: dove le immagini impressionistiche dei tre ragazzini protagonisti, e i tempi effimeri delle loro epifanie davanti alla macchina da presa, fanno attrito con la pesantezza storica e con la persistenza della struttura di archeologia industriale che sta alle loro spalle, rugginosa e inerte, rudere in disuso, ma ancora attivo nella misura in cui è la sua presenza, la sua durata nel tempo (e perfino oltre il suo tempo storico-produttivo), a determinare il destino dei ragazzi che giocano ignari davanti alla sua ingombrante incombenza. Un ruolo analogo l’hanno anche i due grandi silos abbandonati e trasformati in depositi di sterpi e di ferraglie in Ruggine: il tempo si annida lì, nelle rovine, e da lì parla, ininterrottamente. Non tace mai, il tempo. I film di Daniele Gaglianone avvertono il suo brusìo, il suo lamento, i suoi sussurri e le sue grida. Captano la sua voce e ne fanno racconto, contrasto, conflitto. Ed è in quel conflitto – fra il tempo e il destino, fra la persistenza e l’impermanenza, fra il ricordo e l’oblio – che il suo cinema trova la sua urgenza, la sua intima e profonda necessità.  

 

Il testo di Gianni Canova è tratto dalla prefazione al libro Nella solitudine dello sguardo. Il cinema di Daniele Gaglianone, curato da Franco Prono e pubblicato da Bonanno Editore.

 

Le periferie dell’anima. Omaggio a Daniele Gaglianone

 

CALENDARIO DELLE PROIEZIONI

 

 

VEN 9, h. 20.30, DOM 11, h. 22.30

L’orecchio ferito del piccolo comandante

(Italia 1993, 10’, b/n)

Autunno 1943. Un ragazzino sordomuto raggiunge con la madre un gruppo di partigiani. Il piccolo partecipa alla vita dei combattenti in maniera giocosa ma l’allegria si trasforma presto in tragedia. Menzione speciale al Festival Internazionale di Locarno.

Copia proveniente da Centro Nazionale del Cortometraggio

Sc.: D.Gaglianone; Fot.: D. Gaglianone; Int.: Giuseppe Sanna, Stefania Uva, Bruno Carta.

 

VEN 9, h. 20.40, DOM 11, h. 22.40

I nostri anni

(Italia 2000, 90’, b/n.)

Alberto e Natalino sono due ex-partigiani che erano legati da grande amicizia. Alberto entra in una casa di riposo dove inizia a frequentare un altro ospite della struttura. Presto scopre che questi è quell’Umberto Passoni che, durante la Resistenza, comandava la banda di brigate nere che compì l’eccidio del gruppo di partigiani di cui Alberto e Natalino facevano parte. Presentato alla Quinzaine del Festival di Cannes. 

Sc.: D. Gaglianone, Giaime Alonge; Fot.: Gherardo Gossi; Int.: Virgilio Biei, Piero Franzo, Giuseppe Boccalatte.

 

Al termine della proiezione di venerdì 9 incontro con Daniele Gaglianone

 

SAB 10, h. 16.15

Alle soglie della sera

(Italia 2005, 53’, b/n e col.)

Viaggio di Marina Jarre nella sua città natale, Riga, da cui manca da sessant’anni. Sulle tracce del padre perduto, trova i luoghi dell'infanzia abbandonati a causa della guerra e della Shoah. Alla testimonianza della scrittrice si aggiunge quella di Bella Blumberg, tra i pochi sopravvissuti allo sterminio degli ebrei lettoni.

Copia proveniente da Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza

 

SAB 10, h. 17.15

Luoghi inagibili in attesa di ristrutturazione capitale

(Italia 1997, 38’, b/n e col.)

Un palazzo della vecchia Torino è destinato a essere ristrutturato. Le persone e le cose che sopravvivono ancora in quei due cortili sono superstiti di un naufragio lento e inesorabile, un mondo che si sta allontanando per sempre. Primo Premio Spazio Italia al Festival Internazionale Cinema Giovani.

 

SAB 10, h. 18.00, LUN 12, h. 17.00

Era meglio morire da piccoli

(Italia 1992, 15’, b/n e col.)

Una riflessione sul senso di perdita dei luoghi fisici e mentali dell’infanzia, dedicata “agli amici perduti e a quelli ritrovati”. Primo Premio Spazio Italia al Festival Internazionale Cinema Giovani.

Sc.: D. Gaglianone; Fot.: D. Gaglianone; Int.: Alessandro Giunto, Alessandro Granaro, Giuseppe Sanna.

 

SAB 10, h. 18.15

E finisce così

(Italia 1995, 12’, col.)

Tre ragazzini della periferia di Torino giocano su un piazzale sterrato e parlano di sé e dei propri idoli; presto, però, in un vecchio capannone devono fare i conti con i giochi di quelli più grandi.

Sc.: D. Gaglianone, Giuseppe Sanna, Gian Marco Messina, Emanuele Romeo; Fot.: D. Gaglianone; Int.: G. Sanna, G. M. Messina, E. Romeo.

 

SAB 10, h. 18.30, LUN 12, h. 20.30

Nemmeno il destino

(Italia 2004, 110’, col.)

Alessandro ha 15 anni e vive alla periferia di Torino con una madre affetta da problemi psichici. È legato da amicizia a due compagni di classe, Toni e Ferdi, ma li perde entrambi a causa del disagio che affligge anche loro: il primo scompare nel nulla mentre il secondo (figlio di un alcolista) si suicida lanciandosi dal tetto di un palazzo in sella al suo motorino. Tiger Award al Festival di Rotterdam.

Sc.: D. Gaglianone, Giaime Alonge, Alessandro Scippa, dal romanzo di Gianfranco Bettin; Fot.: Gherardo Gossi; Int.: Mauro Cordella, Fabrizio Nicastro, Lalli.

 

SAB 10, h. 20.30

A Ghastly Tale

(Italia 2006, 3’, col.)

Video ispirato a I sommersi e i salvati di Primo Levi. Il titolo si riferisce ai versi di Samuel Taylor Coleridge che Levi ha inserito all’inizio del libro.

 

SAB 10, h. 20.35, LUN 12, h. 22.30

Pietro

(Italia 2010, 82’, col.)

Il giovane Pietro, mentalmente labile e ritardato, vive insieme al fratello Francesco nel vecchio appartamento dei genitori, in un’anonima periferia torinese. Si guadagna da vivere distribuendo volantini per strada. Il rapporto con Francesco, tossicodipendente, è molto difficile ma l’incontro con una ragazza sembra aprire uno spiraglio di speranza. Presentato in concorso al Festival di Locarno.

Sc.: D. Gaglianone; Fot.: Gherardo Gossi; Int.: Pietro Casella, Francesco Lattarulo, Fabrizio Nicastro.

 

SAB 10, h. 22.00, LUN 12, h. 16.30 

La ferita

(Italia 1991, 29’, b/n e col.)

Delirio visuale e reale di una ragazza, cui non resta altra soluzione dopo che il velo, con cui filtriamo i dettagli “insignificanti” e crudeli in cui viviamo, si è squarciato. Secondo Premio al Festival Internazionale Cinema Giovani.

Sc.: D. Gaglianone; Fot.: D. Gaglianone; Int.: Stefania Uva, Giacomo Car, Chiara Vendramin.

 

SAB 10, h. 22.30

Il sale della terra

(Italia 1994, 15’, col.)

Il sale della terra è lo sperma maschile, che fino dai miti primigeni è associato al dolore e alla violenza.

Copia proveniente da Centro Nazionale del Cortometraggio

Sc.: D. Gaglianone; Fot.: D. Gaglianone; Int.: Claudio Zanotto Contino, Paola Risoli, Emanuele Romeo.

 

SAB 10, h. 22.45

Ruggine 

(Italia 2011, 105’, col.)

Alla fine degli anni Settanta, in un desolato quartiere di periferia, un gruppo di ragazzini passa l’estate a giocare all’interno di due grandi silos arrugginiti. Presto devono però affrontare la minaccia di un pedofilo che violenta e uccide. Trent’anni dopo, tre di quei giovani sono ancora segnati profondamente dalla traumatica esperienza. Presentato alla Mostra di Venezia nell’ambito delle Giornate degli Autori.

Sc.: D. Gaglianone, Giaime Alonge, Alessandro Scippa, dal romanzo di Stefano Massaron; Fot.: Gherardo Gossi; Int.: Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea.

 

La proiezione è preceduta dal videoclip Un campo lungo cinematografico (2011, 3’)

 

DOM 11, h. 16.30

Rata Nece Biti

(Italia 2006, 176’, col.)

A Sarajevo il ventottenne Zoran, serbo “leale” con un padre che ha combattuto nelle fila dell'esercito bosniaco contro gli assedianti, ricorda un'infanzia di guerra, la “strage della fila del pane”, il disegno yugoslavo trasformatosi in “prigione dei popoli”. Premio speciale della giuria al Torino Film Festival e David di Donatello per il miglior documentario.

 

DOM 11, h. 20.30, LUN 12, h. 18.30

Lancia di Chivasso: una comunità operaia non rassegnata

(Italia 1994, 60’, col.)

Il montaggio del materiale video girato dall’operaio Fiorentino Cerruti rievoca le lotte operaie contro la chiusura dello stabilimento Lancia di Chivasso, decretata dai vertici Fiat nel giugno 1992.

Copia proveniente da Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza

 

DOM 11, h. 21.30

Cichero

(Italia 1993, 50’, b/n e col.)

Documentario dedicato al gruppo partigiano capeggiato da Giovanni Battista Lazagna, attivo tra l’Alessandrino e la Liguria. Vengono messe in evidenza le motivazioni che spinsero giovani provenienti da esperienze politiche diverse a scegliere la via della montagna e creare una delle prime bande partigiane.

Copia proveniente da Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza

 

DOM 11, h. 17.15

La classe dei gialli – Un giorno da bambini

(Italia 2008, 60’, col.)

Torino, asilo nel quartiere di San Salvario: il "giallo" della classe in questione indica l'identità di un gruppo di bambini che ne trascende ogni altra. Il documentario mostra un giorno della loro vita in classe.

 

DOM 11, h. 17.15 

La classe dei gialli – Un giorno da bambini

(Italia 2008, 60’, col.)

Torino, asilo nel quartiere di San Salvario: il "giallo" della classe in questione indica l'identità di un gruppo di bambini che ne trascende ogni altra. Il documentario mostra un giorno della loro vita in classe.

 

DOM 11, h. 19.30

Non si deve morire per vivere

(Italia 2005, 35’, b/n e col.)

La testimonianza della coraggiosa e tenace lotta di Benito Franza e Albino Stella per rendere pubblica la malattia contratta sul luogo di lavoro, la fabbrica di coloranti Ipca di Cirié.